Al di là di ogni discorso religioso, che meriterebbe ben altre riflessioni, l’immagine di gioia associata al Natale è per lo più ancorata all’infanzia e a un’idea di felicità scevra dai problemi della quotidianità. Per la gran parte degli adulti, invece, questa come altre feste che incoraggiano l’incontro con amici e familiari, sono spesso motivo di agitazione e depressione.
A provocare questi sentimenti negativi è soprattutto una inconsueta “ansia da prestazione”, il pensiero degli obiettivi mancati, delle aspettative deluse: perché ognuno di noi ne ha e, sebbene le persone care dovrebbero farci sentire al sicuro dalle nostre paure, succede a volte che avvenga il contrario e che sia proprio chi dice di amarci a renderci inadeguati e a disagio. L’unica colpa del Natale è di essere considerato un momento in cui stare insieme, per forza e con forza. Nostra invece è la responsabilità di lasciare che resti così, un momento difficile da mettersi alle spalle il prima possibile. Un errore a prescindere, perché il tempo non torna e non va sprecato, ma piuttosto speso bene.
Fare in modo che il Natale quest’anno sia differente non è poi così difficile, ma è necessario un cambio di prospettiva e un po’ di coraggio. Soprattutto il coraggio della semplicità e della sincerità. Stare solo con chi ci fa stare bene, scegliere doni che siano carichi di significato e non di aspettativa, cercare di mantenere il ritmo giornaliero di sempre, senza stravolgere la propria quotidianità, senza stravolgersi. E poi accettarsi e accettare per trovare quella pace che ogni anno tutti invocano, ma che poi non è altro che l’insieme di tanti piccoli gesti di conciliazione e compassione. Semplicemente questo dovrebbe essere il Natale.